La chiave di Sara
Genere: drammatico
Anno di uscita: 2012
Regista: Gilles
Paquet-Brenner
La chiave di Sara: un modo diverso per analizzare la storia umana. Il
periodo è la seconda guerra mondiale, l’evento tragico lo sterminio degli ebrei
e la responsabilità che hanno avuto tutti gli Stati e non solo la Germania per
la deportazione nei campi di concentramento.
Siamo in Francia, Sara è una bambina e per sempre rimarrà indelebile
nel suo cuore il peso delle decisioni prese in quella giornata! La
spensieratezza di una mattina come tante altre viene spezzata dall’arrivo della
polizia, per proteggere il fratello Michelle decide di chiuderlo a chiave
nell’armadio. Immediatamente saranno condotti in un campo di concentramento;
l’ansia dei genitori farà comprendere presto a Sara di non aver avuto una buona
idea. Ogni giorno il suo chiodo fisso è fuggire per andare a salvare il
fratello. Grazie all’aiuto di un soldato riesce nella sua impresa e viene poi accudita
da una famiglia che la nasconde ai nazisti e l’accompagna nella sua vecchia
casa.
Era passato ormai del tempo, la casa era stata occupata da altre
persone, l’armadio mai aperto celava l’orribile segreto: Michelle non era
sopravvissuto. Per sempre Sara portò con sé il peso del suo errore e il disagio
dei campi di concentramento. Il film, anche con il suo tragico finale ci
fornisce una visione del momento storico: sopravvivere ai campi di
concentramento non sempre ha significato una nuova vita. Tanta gente non ha più
superato l’orrore di quei momenti. Ci siamo mai chiesti noi come avremmo
affrontato una cosa del genere?
Anna Ragucci III D
Michela Iadicicco III D
Secondo me, Il regista ricorre a una "chiave" originale per approcciarsi al tema. E lancia un messaggio che
RispondiEliminami tocca particolarmente, condensato nella frase di chiusura della pellicola "Quando una storia
viene raccontata non può essere dimenticata, diventa qualcos'altro: il ricordo di chi eravamo,
la speranza di ciò che possiamo diventare". Recuperare la nostra identità, facendo i conti con
il macigno della nostra storia è un problema attualissimo che possiamo traslare da quel
contesto e recuperare anche noi in quanto italiani, e in qualità di individui, quando finiamo per
vergognarci delle nostre origini, della provenienza e ancora di altro. Contrariamente ad altri
film sulla deportazione degli ebrei, la narrazione è sobria e l'intento della regia sembra quello
di indurre a riflettere, mai le scene arrivano a un parossismo di orrore tale da portare lo
spettatore alle lacrime. Un film piacevole, che vale assolutamente la pena vedere.